n.
434 - venerdì 9 febbraio 2001
II
popolo etrusco e l'industria del ferro
Simona
Rafanelli ospite del Club nella conviviale del 26 gennaio
L'argomento
non era certo facile, chi l'aveva voluto lo sapeva bene e, proprio per
questo, aveva pensato alla dottoressa Rafanelli giovane ma matura etruscologa
col non frequente dono di una capacità di sintesi invidiabile.
E l'attesa non è andata certo delusa, visto il successo della serata.
Ma perché quest'argomento? Perché il successo della cultura
etrusca, come ben ci ha spiegato Simona, dipese tutto dalla produzione
del ferro (di una delle migliori qualità all'epoca disponibili)
e dal suo conseguente commercio che mise gli Etruschi in contatto con
le più importanti civiltà del Mediterraneo.
Furono roprio quei contatti che consentirono agli etruschi dell'Aethalia,
(= la fuligginosa: l'isola d'Elba) quell'improvviso sviluppo culturale
che da tante origini proviene e che, proprio per questo, rende quel popolo
così "misterioso". Sia pure con la cautela che una simile posizione
richiede, la dottoressa Rafanelli ha inteso, con questo, sposare l'opinione
del prof. Pallottino il quale sosteneva, con assoluta convinzione, l'origine
autoctona del popolo etrusco (già nella seconda età del
Ferro, nel VIII secolo a.C., nei corredi funerari delle tombe a pozzetto
villanoviane compaiono oggetti pregiati e di importazione.
E' il primo segno dell'intensificarsi degli scambi commerciali senz'altro
imperniati sull'esportazione del prezioso metallo. La diffusione della
moda "orientale" da' impulso non solo all'importazione di oggetti originali,
ma anche alla produzione di imitazioni in cui schemi decorativi, tipici
di culture diverse, vengono accostati con un gusto eclettico e disinvolto.
Lo scambio con l'Oriente e la Grecia è intenso: fra VIII e VII
secolo a.C., oltre alle merci giunsero anche maestranze che portarono
innovazioni tecnologiche e culturali (il tornio, la scrittura, la viticultura
e l'olivicultura).
E poi: perché industria? Semplicemente perché, al netto
dei metodi con il quale il ferro veniva allora prodotto (che oggi saremmo
portati a definire "artigianali"), considerando le dimensioni che il fenomeno
raggiunse non abbiamo nessuna dificoltà a classificarlo come "industriale".
Si pensi alle miniere elbane dalle quali il materiale veniva trasportato
sulla costa a Follonica e a Populonia dove sono stati rinvenuti interi
quartieri abitati dagli addetti alla produzione del ferro. Nella sola
Populonia (sul colle e nel quartiere sulla riva del golfo di Baratti)
viveva una popolazione di circa cinquemila abitanti tutti interessati
alla produzione del minerale: gli addetti, quindi, furono almeno duemila,
più o meno quanti, oggi, alla Finsider di Taranto...
La
Toscana è la più ricca regione mineraria della penisola
italiana anche per varietà dei minerali, e la posizione geografica
di Populonia, compresa com'è fra le Colline Metallifere e l'Isola
d'Elba, e dotata del suo porto naturale (il golfo di Baratti), la fece
divenire epicentro di tutta l'attività metallurgica che era iniziata
con la produzione di manufatti in bronzo, una lega di rame e stagno per
il quale venivano utilizzati i filoni di cassiterite presenti intorno
a Campiglia Marittima. Già nel VII secolo A.C., in piena Età
Orientalizzante, cominciamo a trovare le prime testimonianze di quell'attività
siderurgica che sarebbe diventata la grande risorsa economica non solo
di Populonia che attinse ai giacimenti dell'Isola d'Elba tanto celebrati
dalle fonti antiche (Diodoro Siculo, Varrone, Strabone, Plinio il Naturalista...)
. La crescente attività, come si diceva, vide nascere un vero e
proprio quartiere industriale che andò a coprire gradualmente la
vasta area delle necropoli prossime alla costa del golfo di Baratti. Proprio
l'importante attività siderurgica determinò le radicali
trasformazioni nel paesaggio naturale che sono ancor oggi visibili: le
aree dei forni furono prima circondate e poi seppellite sotto cumuli sempre
più estesi e più spessi di scorie, fino a coprire una superficie
di circa 200.000 metri quadrati, con uno spessore che poteva arrivare
ai 20 metri. Questa enorme massa di scorie, quasi due milioni di tonnellate,
col suo alto tenore di metallo conseguente all'impiego di sistemi di riduzione
alle modeste temperature che il carbone di legna poteva garantire, è
stata oggetto, negli anni '30 di questo secolo, in pieno regime autarchico,
di una intensa attività estrattiva del metallo residuo. Con questo
rinnovato interesse sull'area ebbe praticamente inizio l'attività
archeologica ma si ebbero anche grandi danni: i grossi macchinari che
furono impiegati, scavarono profonde trincee, pozzi e voragini, compromettendo
irrimediabilmente non solo le antiche strutture industriali ma anche le
tombe preesistenti. Ma come avveniva la produzione?
Come
sappiamo, il ferro si può estrarre dalla magnetite e dall'ematite.
Entrambe presenti all'Elba, gli Etruschi fecero uso soprattutto dell'ematite
che nell'isola si presenta particolarmente pura dato che contiene ferro
per oltre il 70%. Per l'estrazione occorreva carbone e, quindi, legna
in abbondanza per alimentare i forni adatti alla trasformazione del ferro
che si otteneva non per fusione (il ferro fonde a 1539° C, temperatura
inottenibile col carbone) ma per ossidoriduzione. I forni, dunque, che
riducevano líematite in schiuma di ferro (e questíultima,
poi, in ferro con la fucinatura: scaldandola di nuovo e battendola), erano
più piccoli di quanto si potrebbe immaginare perché la camera
di combustione potesse raggiungere le temperature necessarie.
Se
ne sono trovati molti resti sia all'isola d'Elba (dove si lavorò
all'inizio il ferro forse finché ci fu legname in quantità
sufficiente nei pressi delle cave) che sulla costa maremmana, anche se
incompleti: la sola parte inferiore. Erano fatti di pietre tenute insieme
da argilla a formare una sorta di scodella scavata nel terreno nella quale
si poneva un mucchio misto di ematite e carbone di legna che veniva poi
coperto da una sorta di camino alto 70 - 80 centimetri, anch'esso fatto
di pietre ed argilla. Si dava quindi fuoco al carbone, si arricchiva continuamente
la combustione di ossigeno insufflandovi aria da un'apposito pertugio
con l'aiuto di un mantice e, probabilmente, al termine della riduzione,
si faceva a pezzi il camino per recuperare la "schiumarola" di ferro e
separarla dalle scorie e dal carbone....
Ma
non è finita qui: Simona Rafanelli, dietro l'entusiasmo dei presenti,
si è impegnata ad accompagnare ilClub in una visita al parco archeologico
di Populonia e Baratti per mostraci sul luogo i resti di questa straordinaria
civiltà produttiva e raccontarci della sua organizzazione sociale
e della sua cultura. Ne riparleremo alla fine di aprile o all'inizio di
maggio.
Marco Jodice
Ricordatevi
di prenotare!
*per domenica 18 febbraio ore 17,30 al Convitto della Calza (piazza della
Calza n.6) : il nostro socio Gianfranco Michelini ci presenta, mai visto
in Italia, il film di produzione libica (ma in italiano): "Il leone del
deserto" con Antony Queen (Omar Mukhtar), Oliver Reed (Gen. R. Graziani),
Rod Steiger (B. Mussolini), John Gielgud (Sharif El Gariani), Raf Vallone
(Col. Diodieci), Gastone Moschin (Magg. Tonelli). La prenotazione è
indispensabile per la cena araba all'Hotel Villa Carlotta. *per
Lunedì 26 febbraio ore 21,00 per la serata al Jazz Club (via Nuova
Caccini n.3). La jam session organizzata dal vicepresidente Sergio Bertini
per festeggiare degnamente il carnevale che se ne va, prevede un buffet
per il quale è indispensabile conoscere per tempo il numero di
partecipanti.
Prenotatevi subito telefonando alla signora Covino!
La
Fabbrica di Luce
Abbiamo
ricevuto dal socio Enrico Orofino segnalazione di interessanti novità
sull'associazione Fabbrica di Luce che sono rinvenibili sul suo sito.
Vi consigliamo di visitarlo a quest'indirizzo: http://utenti.tripod.it/fabbricadiluce.
E' molto bello e interessante. Vi basta fare clic sulla colomba per andarci.
Quando l'avrete visitato, scrivete loro:
* eventuali segnalazioni di siti sul tema dellíhandicap e dellíapprendimento,
* le vostre impressioni sul sito,
* altre persone cui segnalarlo,
utilizzando la E-mail dellí
Associazione presente anche nel sito.
La
Qualità nella vita dei Rotary Club
La
Fellowship Rotariana (TQM RRVF) per il Total Quality Management raccoglie
i Rotariani che, per interesse e professione, si occupano di qualità.
Le norme internazionali UNI EN ISO 9000 costituiscono un traguardo cui
tutte le attività dovranno adeguarsi a breve per ottenere successo
ed il ritorno sui propri investimenti.
La Fellowship si è posta l'obiettivo di fissare alcuni parametri
di giudizio per chiarire i requisiti minimi e le problematiche basilari
al fine di rendere più semplice l'introduzione dei concetti di
miglioramento continuo in ogni attività.
Nel corso di questi due anni ha affrontato varie tematiche in altrettanti
Convegni (a Milano, Roma, Palermo e Firenze) sul controllo di qualità
nel mondo industriale, agroindustriale, bancario, turistico alberghiero,
della pubblica amministrazione e dellí arte (ricorderete senzíaltro
questíultimo bel convegno organizzato da Alfonso Luongo, che della
Fellowship fa parte, nella sala del Monte dei Paschi a Firenze).
Alfonso, con la Fellowship, ha lavorato in questi mesi allo sviluppo di
un modello per il controllo di qualità della vita nei Rotary Club.
Il modello resterà in fase di revisione fino al 20 febbraio, data
entro la quale sarà approntata la stampa della "bozza finale" che
verrà spedita a tutti i Governatori dei Distretti italiani per
le loro considerazioni/valutazioni e, entro il prossimo mese di marzo,
diventerà linea guida per i Presidenti dei Rotary Club.
Alfonso Luongo ce ne parlerà in anteprima nel caminetto del prossimo
2 marzo.
Il
programma di marzo
*
Venerdì 2 marzo ore 19,00: Grand Hotel Minerva. Riunione non
conviviale. Il socio Alfonso Luongo cíintratterrà sul tema:
La Fellowship Rotariana per il Total Quality Management e il controllo
di qualità nella vita del Club .
* Venerdì 9 marzo ore 20,30: Grand Hotel Minerva. Riunione
conviviale con consorti per il benvenuto ai nuovi soci.
* Venerdì 16 marzo ore 19,00: Riunione non conviviale: il
socio Samoggia ci parlerà sul tema: Il lavoro dei disabili e
le Cooperative sociali.
* Venerdì 23 marzo ore 20,30: Grand Hotel Minerva.
Riunione conviviale con consorti. Segreti e simboli esoterici nell'architettura
sacra del medioevo fiorentino. Relatore: arch. Renzo Manetti.
*
Venerdì 30 marzo ore 19,00: Grand Hotel Minerva. Riunione
non conviviale. Assemblea dei soci per l'approvazione del nuovo
Regolamento del Club.
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